L’arte nel Bilancio ESG: un trend in crescita tra le aziende italiane

Un binomio sempre più presente nel nostro paese è quello tra le aziende e l’arte. Nel 2024, molte imprese hanno scelto di includere l’arte nel loro bilancio di sostenibilità, meglio noto come Bilancio ESG, che raccoglie informazioni relative all’impatto ambientale, sociale e di governance di un’azienda. 

Questo trend si sta rafforzando soprattutto perché gli investimenti nell’arte possono rientrare nel Bilancio ESG, obbligatorio per le grandi imprese di interesse pubblico, come banche, assicurazioni, società quotate con più di 500 dipendenti, le grandi imprese con forma giuridica Europea, con più di 250 dipendenti e/o 50 milioni di euro di fatturato e/o 25 milioni di euro di stato patrimoniale. La necessità di assumersi maggiori responsabilità in merito all’utilizzo delle risorse e all’impatto generato nella creazione di valore è oggi necessaria. 

Si può dire che il Bilancio di sostenibilità rappresenti la fotografia completa e autentica dell’impegno aziendale sui temi ambientali, sociali e di governance ed è un documento che permette di condividere in modo chiaro e trasparente, sia le intenzioni sia gli obiettivi raggiunti sui temi che stanno alla base dello sviluppo sostenibile. Nei dati raccolti da Arteconomy, delle 30 aziende contattate nel 2024, 20 hanno investito in progetti artistici almeno per 20.000 anche se la maggior parte ha speso più di 50.000 euro. Le aziende italiane coinvolte egualmente da Nord a Sud, si sono impegnate in realizzazioni di mostre, finanziamento di restauri, acquisizioni di opere d’arte, sponsorizzazioni, premi d’arte, molto diffusi per il loro impatto comunicativo, fino al branding attraverso l’arte, che, attraverso un processo strategico, ha permesso un’identificazione e un riposizionamento dell’immagine dell’azienda. La maggior parte delle aziende prese in esame da Arteconomy intende, per il 2025, inserire l’arte nel bilancio di sostenibilità. Le aziende prese in esame rappresentano diversi settori, dalla finanza alla moda, dall’automobile al settore delle costruzioni fino all’hospitality, come il Grand Hotel Miramare.

Tra le aziende molto attive in tale contesto, Mutina è impegnata in acquisizioni, sponsorizzazioni, produzioni di opere e mostre d’arte e la creazione del premio d’arte “This is not a Prize”. La casa di moda Herno, oltre a creare il premio per il miglior allestimento, durante il Miart è impegnata in sponsorizzazioni, acquisizioni e gestione della collezione aziendale. Tuttavia Nicola Zanella, che parla diffusamente di questo trend nell’articolo di Arteconomy dello scorso 4 gennaio, sottolinea come rispetto al collezionismo privato dove si colleziona soprattutto pittura di artisti stranieri, le aziende privilegino grandi opere installative e site-specific di artisti italiani, per sostenere l’italianità e sottolineare la dialettica con il territorio, inoltre le collezioni aziendali sono molto più accessibili e visibili di quelle private.