Art lending e beni rifugio: l’arte nel post Covid 19
Dopo il lockdown mondiale ci si chiede quale sarà l’impatto del Coronavirus sul mercato dell’arte, che ha dovuto riconsiderare la propria programmazione di eventi, con mostre e fiere annullate o posticipate. Il nostro contributo sull’ultimo numero di Advisor Private tratta proprio di questo. Sicuramente anche il mercato dell’arte partirà di nuovo, come ha sempre fatto dopo una grande crisi economica. Si parla spesso di arte e dei beni da collezione in termini non solo di investimenti alternativi ma, soprattutto, come beni rifugio nell’ottica di una differenziazione del portfolio, che può rivelarsi particolarmente strategica quando i mercati finanziari si fanno incerti. Nelle crisi economiche e nei momenti di recessione gli investimenti importanti che riguardano opere di maggior rilievo mantengono il proprio valore, pur vedendo diminuita la loro liquidabilità, mentre diminuiscono i valori delle opere di fascia media e quasi scompaiono le opere minori.
È inoltre probabile che, in un momento di recessione o di crisi economica, ci si concentrerà sulla valorizzazione del proprio patrimonio artistico. Questo varrà sia per chi ha investito in arte e per chi si trova a esserne divenuto proprietario, ad esempio per via di un’eredità. Ciò che in questo periodo si sta delineando è anche un maggiore sviluppo dell’art lending, soprattutto nel sistema economico americano, dove è realtà ormai consolidata. I collezionisti che hanno un grande patrimonio possono ottenere liquidità senza necessità di vendere e spesso mantenendo fisicamente l’opera d’arte nella propria collezione. Fine Art Group, società leader nel settore, da quando il prezzo del petrolio è tracollato, ha ricevuto un numero considerevole di domande, tra cui la richiesta di finanziamento di 10 milioni di dollari, come riporta Boomerang, sulla base del valore di un dipinto di Jean-Michel Basquiat. Tali servizi di art lending negli ultimi anni hanno avuto sempre una maggior richiesta, tanto che nel 2019 il portfolio dell’art lending nel mondo ammontava a quasi 18,5 miliardi di euro con un aumento del +40% dal 2016 (2019 Art & Finance Report di Deloitte). Sicuramente si prospetta all’orizzonte un maggiore accentramento di risorse, artisti e opere nelle mani di grandi gallerie e importanti case d’asta, ciò che Tim Scneider definisce “art cannibalism”. In questo modo tuttavia si perderà lo spazio artistico per la ricerca, la sperimentazione e l’innovazione, con la prospettiva che la produzione artistica di oggi si omologhi a un unico stile, dettato dalle logiche di mercato e dai nuovi collezionisti.