6 maggio – 24 maggio 2014
Milano, Spazio Sant’Andrea
Introduzione a cura di Federica Tiripelli
Una mostra di scultura contemporanea sul tema della natura, un soggetto che – come sottolinea Federica Tiripelli – in questi ultimi anni è andato incontro ad un rinnovato e profondo interesse “… interpretato in una sorta di chiave neoromantica, come predilezione per la natura evocata in maniera quasi visionaria. In una natura specchio dell’anima su cui caricare le proprie ansie, i propri valori e desideri, che è al centro quindi dell’esperienza interiore dell’artista, gli animali assumono quindi una forte valenza concettuale.Le opere scultoree di Jessica Carroll, Gabriele Garbolino Rù e Paolo Grassino, che si inseriscono perfettamente in questo filone, ci conducono ad una realtà altra, soprannaturale: gli animali realistici, fantastici o deformati sono infatti archetipo della riflessione sulla società, sul rapporto natura – tecnologia e natura – uomo.
L’elemento che accomuna i tre artisti è il loro background culturale e artistico di matrice torinese. Jessica Carroll vive nella città sabauda dal 2005, mentre Gabriele Garbolino Rù e Paolo Grassino a Torino sono nati, hanno studiato e attualmente lavorano. Quasi come un’etologa, Carroll osserva gli animali e il loro comportamento, ma non li rappresenta realisticamente: gli animali, raffigurati secondo una personalissima interpretazione della natura, vivono in una dimensione incantata e paiono i protagonisti di affascinanti storie mitiche. L’artista crea favi e alveari, piccoli gioielli in bronzo, oro, ceramica, scrigni preziosi dall’architettura perfetta costruiti dalle api con operosità ed eccellente maestria per custodire un sacro nettare. Come in una macrofotografia sono colti i dettagli, gli affascinanti particolari delle api – insetti simbolici fin dall’antichità, messaggere delle Muse. «Alveare» e «Favo» raccontano la vita fantastica delle api, mentre «Fuga», leggera sfera reticolare creata dall’unione di piccoli pesci, narra la storia delle sardine. E alla mitologia rimanda il vibrante e delicato marmo in cui rane e grilli, posati sulle canne di un organo, sembrano pronti per eseguire un concerto notturno con Pan, dio delle selve e dei pascoli, animando il creato. Sulla trasfigurazione dei soggetti in una dimensione parallela e simbolica si ritrovano le opere di Garbolino e Grassino, tuttavia i loro animali non abitano una natura fantastica e sono, invece, estremamente radicati nella società, archetipi dei mutamenti e dei problemi contemporanei. L’indagine sul volto umano, avviata già da alcuni anni da Garbolino, trova naturale proseguimento nei ritratti di animali, volti di grande espressività ed impatto emotivo, interpretati e manipolati dall’uomo: siamo di fronte ad una natura affatto bucolica, bensì violentata e sopraffatta, proprio come quella rappresentata da Valeriano Trubbiani a partire dagli anni Settanta, in cui gli animali, modificati geneticamente, sono vittime della società tecnologica…Il cavallo è meccanico e scomponibile, il vitello – una sorta di “vitello d’oro” – con corde e museruola, è nuovo idolo e al contempo peccato della società contemporanea, il maiale “abbottonato” è squartato e vestito di tutto punto con la sua stessa pelle, e la tigre, simbolo di potere e di forza, ormai sconfitta, sta emettendo l’ultimo e straziante ruggito…Modificati geneticamente appaiono anche i cani di Paolo Grassino: animali senza orecchie, senza coda, senza bocca e senza occhi che incutono timore, esseri “mostruosi”, senza anima. «Neri» è la versione più recente di un tema su cui l’artista lavora sin dal 2004: protagonisti animali che seminando il terrore tentano di dominare gli altri senza curarsi del male, del dolore provocato. Una metafora del cinismo della società contemporanea e delle angosce dell’individuo che qui l’artista vuole quasi esorcizzare. Grassino indaga il rapporto tra corpo e oggetto, tra scultura e spazio – sia quello naturale che artificiale – e così i cani, neri e cupi, assumono significato solo in relazione all’ambiente e ai soggetti…I cervi, animali timidi e scontrosi, simboli di crescita, morte e rinascita, motivi ricorrente nella produzione di Grassino – protagonisti anche di un site-specific permanente per il progetto VIAPAC – non sono rappresentati realisticamente, non è questo l’intento dell’artista, ma sono il frutto della sua immaginazione sospesa tra realtà e visione. I cervi divengono archetipo del sacrificio, metafora di un perenne stato di aggressione, di un crudele scontro tra preda e cacciatore, di una società in profonda crisi”.
Jessica Carroll
Fuga (2010)
Bronzo, diametro cm 50
Gabriele Garbolino Rù
Acciaio (2012)
Acciaio, cm 34 x 39 x 37
Paolo Grassino
Neri (2012)
Spugna sintetica su polistirolo e ferro, cm 83 x 126 x 36 e 83 x 104 x 65
Paolo Grassino
Fiato (2014)
Fusioni in alluminio patinato, cm 240 x 180 x 92 e 230 x 156 x 97