2 ottobre – 30 ottobre 2014
New York, Istituto Italiano di Cultura
Sponsor: EATALY, Luxury Living, IMA, GTECH, IFIM, Natural Spring Water Santa Lucia
La mostra si pone nell’ambito di un progetto più ampio che prevede la valorizzazione del patrimonio artistico italiano e la volontà di far conoscere anche al vasto pubblico americano la pittura italiana del XIX secolo e in particolare una corrente così innovativa e fondamentale per lo sviluppo dell’arte moderna. L’esposizione, che presenta una ventina di dipinti, tutti provenienti da importanti collezioni private italiane, si pone programmaticamente nella traccia di una rinascita di studi e mostre dedicate ai Macchiaioli, ultima fra tutte l’esposizione parigina del 2013 al Musée de l’Orangerie. Il termine “Macchiaioli”, coniato in senso dispregiativo da un anonimo giornalista in un articolo comparso sulla “Gazzetta del Popolo” di Torino del 3 novembre 1862, venne in un secondo momento adottato dai diretti interessati, come definizione e “segno” di un vero e proprio rinnovamento artistico. Orientandosi verso la ricerca di nuovi valori pittorici fondati sul rapporto dei colori e sui volumi costruiti tramite i contrasti di luce e di ombre, il movimento pittorico, specificatamente italiano, rivolto a liberare l’arte dall’accademismo e a instaurare una pittura di ‘impressione’, era in atto a Firenze già dalla metà degli anni Cinquanta. Ne furono protagonisti Serafino De Tivoli, Cristiano Banti, Vito D’Ancona, Giovanni Fattori, Vincenzo Cabianca, Giuseppe Abbati, Odoardo Borrani, Telemaco Signorini, Raffaello Sernesi, Silvestro Lega, Adriano Cecioni, che fin dagli anni Cinquanta si riunivano nel Caffè Michelangelo di Firenze per discutere d’arte e di estetica. La questione del rapporto con il movimento d’oltralpe, suggerisce le differenze tra i due movimenti, ma pure le similitudini, anche se non è secondario il fatto che i Macchiaioli precedono l’Impressionismo non di poco, la nascita della “macchia” è collocata infatti intorno al 1855, mentre la rivoluzione impressionista vede il suo inizio ufficiale nella celebre mostra allestita nello studio di Nadar nel 1874. Il temperamento antiaccademico, la ricerca dell’impressione del vero, la realizzazione delle opere all’aperto, a contatto con la natura, en plein air, il rifiuto del disegno, la ricerca degli accostamenti diretti dei colori ad effetto “macchia”, l’assenza dei contorni in favore di colori-ombra e colori-luce, la bellezza del reale anche nelle indagini più intime o domestiche, lo spirito per un’indagine anche sociale del vero sono elementi comuni alle due correnti. Diversi capolavori sono esposti quali l’imponente tela de “La battaglia della Sforzesca” di Giovanni Fattori, “La bigherinaia” di Silvestro Lega, “Giovane trecciaiola” di Cristiano Banti e la piccola tavola “Papin de Lilela” di Telemaco Signorini, o inediti come “Cavalleggeri in perlustrazione” esempio della produzione di tematica militare di Giovanni Fattori e “L’Arno alle Cascine” di Serafino De Tivoli testimonianza degli anni delle audaci sperimentazioni della “macchia” che il pittore condusse a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Oltre ai soggetti patriottici è comunque il paesaggio toscano a campeggiare, con i suoi casolari, la sua campagna, i suoi abitanti raffigurati dal vero. Sono queste le linee tematiche sulle quali scorrono i principi guida della rassegna che presenta un piccolo saggio, quanto più esaustivo, di un movimento artistico che si pone al tempo come il più innovativo e all’avanguardia in campo internazionale.
Cristiano Banti
Giovane trecciaiola (1873)
Olio su tela, cm. 24 x 14
Firmato in basso a sinistra
Serafino De Tivoli
L’Arno alle Cascine (1863 ca.)
Olio su tavola, cm. 22 x 36
Telemaco Signorini
Bapin de Lilela (1895 ca.)
Olio su tela incollata su cartone, cm. 21 x 12
Firmato in basso a destra
Giovanni Fattori
La battaglia della Sforzesca
Olio su tela, cm. 50 x 100